Racconti
2 AGOSTO 1980
C’è una fiammella che si sta accendendo ora;
rappresenta l’attimo, il momento esatto, il qui e ora e si spegnerà alla fine di
questa breve performance.
Il due Agosto del 1980 avevo nove anni ed ero lontana dalla stazione. Ho un
ricordo vago della tragedia, qualcosa mi ero oscuro allora così come, d’altra
parte, lo è anche oggi.
Da undici anni, invece, passo davanti alla stazione per tornare dal lavoro. Solo
per tornare; all’andata, per una sorta di scaramanzia, passo da dietro. La
strage c’è l’ho nel cuore.
Ogni giorno, in auto, mi fermo davanti ai vari passaggi
pedonali ferroviari e staziono il tempo necessario appena per osservare quei
visi dalle varie etnie passarmi davanti, capigliature spettinate multi color,
acconciature odoranti di lacca, mp3, pc portatili imbustati come camicie, trolly
roteanti dotati di vita propria, espressioni umane degne di rilievo, come un
bacio innamorato, o di assoluta indifferenza, perse nel vuoto di un pomeriggio
inoltrato.
Ogni giorno assisto a questo spettacolo umano, fatto di
sogni, di desideri, di speranze, di malinconie e nostalgie, di amori e passioni
consumati chissà dove, lontano da qui, che s’incontrano, fermi allo stesso
semaforo.
Infinite storie s’intrecciano in quel unico momento,
infinite memorie si sforzano di ricordare dov’erano, cosa facevano, in quel
preciso istante.
Molte altre vorrebbero non ricordarlo affatto tanto è
il dolore che le ha trafitte troppo nel profondo.
Ed ora, ancora oggi, siamo qui a ricordare. Per tutti noi un qui e ora, il
momento
esatto. Il quel momento esatto noi tutti siamo stati colpiti, alcuni erano lì,
molti altri avrebbero potuto esserlo.
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POESIA TRA EQUILIBRIO E FOLLIA
Penso che la poesia aiuti a stare bene coi propri silenzi. Ad ascoltare che
rumore fa, il silenzio.
A chi non è mai capitato? Il sottile ronzio del portatile acceso, il suono
ovattato delle auto che passano in strada, i passi del vicino del piano di
sopra, il cinguettio degli uccellini dietro i vetri chiusi, l’abbaiare di un
cane in lontananza ed i propri pensieri.
La convivenza perenne ed eterna coi propri silenzi.
Poesia è l’equilibrio dei silenzi e dei pensieri della nostra esistenza, dove il
filo è la vita e la poesia è l’asta che ci aiuta a bilanciarci, camminando sopra
al filo.
Permane un senso di irrequietezza nell’assecondare l’espressione dello spirito,
come se fosse un ronzio costante che riempie gli spazi, striscia sui mobili, si
insinua languido e complice fra i tasti del pc, sale per i polpastrelli e inizia
la sua lenta conquista del corpo.
Raggiunge il collo ed è già disagio, entra fra i capelli ed esce trasformato in
sospiro, in desiderio di esprimere emozioni. Labbra mobili, dolci, versatili.
Non arriva neanche al petto che già le dita imprimono al computer l’ordine
eversivo di aprire il file del racconto. A noi! Il filo della storia riprende.
Il ronzio cresce di intensità e di frequenza, come se un nuovo entusiasmo lo
percorresse con piccole scosse elettriche, fino a diventare un ruggito di un
fiume in piena, le urla di una realtà che è viva in me molto più di quanto non
sia io stessa viva in questa stanza.
La corsa finisce, le dita rallentano e si fermano. Il cuore batte un paio di
colpi in più. Sorrido, guardo oltre lo schermo e penso che il ronzio è solo un
rumore. Un altro sospiro esce dalle mie labbra. Rimetto a fuoco e comincio a
rileggere. Finalmente sono a casa.
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